Di: Luna Laboute
Una volta, in un corso di filosofia, il mio professore ci ha detto di leggere il nuovo libro di Alessandro d’Avenia, chiamato L’arte di essere fragili. Attraverso le relazioni epistolari del poeta Leopardi, l’autore tratta del soggetto delicato dell’adolescenza. Curiosa di scoprire questa figura della letteratura italiana in un modo diverso dalla sua opera, l’ho letto. La prima cosa « seducente » relativa a questo libro è la maniera in cui l’autore tratta l’argomento. Bisogna sapere che Alessandro d’Avenia è oggi un professore in Italia, usa le testimonianze dei suoi studenti come struttura, e inoltre ha una scrittura semplice, leggera, che si vuole delicata ed al stesso tempo poetica. Questi processi creano la particolarità del libro: Alessandro d’Avenia ci parla, a noi, senza essere moralista o senza fare il signor « so tutto io, ascoltami! ».
Per quanto riguarda il posto di Leopardi in questo libro, sono dubbiosa. Il fatto è che l’autore ha, secondo me, magnificamente scelto le lettere e i poemi che illustrano le varie fasi dell’adolescenza che ha voluto sottolineare. La cosa che mi disturba è la scelta dell’autore di costruire la sua opera come un dialogo aperto con il poeta. Gli dà del tu e secondo lui, poiché ha passato la sua vita a leggere Leopardi, poiché Leopardi è un autore che, grazie alla sua opera, l’ha aiutato nel passato, questo gli dà il diritto di rendere la relazione con lui famigliare, senza averne il diritto. Mi spiego: attraverso questo modo di parlare direttamente all’autore, Alessandro d’Avenia sembra fargli dire cose che Leopardi non ha mai detto, non ha mai pensato.
Ci si trova un po ammaliati in questo dialogo immaginario, a pensare che, forse, Leopardi non avrebbe mai accettato che la sua vita e la sua malattia potessero essere interpretate in questo modo. Già dire che Leopardi è un poeta pessimista non mette tutti d’accordo, ma allora « tradurre » la sua vita per intero ? È pericoloso e può essere in certi momenti un po’ irrispettoso. Ma è solo la mia opinione, come io penso che una vita non possa essere « usata » senza nessuna prova o testimonianza personale, Alessandro d’Avenia pensa che l’opera di Leopardi sia sufficiente per spingerlo a confidarsi nel suo libro.
Resta il fatto che quest’opera ha certamente aiutato alcuni adolescenti, è difficile non trovare una situazione in cui non ci si riconosca e, da questo punto di vista, è una bella riuscita.
A proposito dell’autrice:
Buongiorno a tutti !
Mi chiamo Luna e studio l’italiano da cinque anni! La letteratura è sempre stata una passione per me, anche quando ero una bambina.
Mi auguro che questa piccola critica vi piaccia!