Valentina Pisanty

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La comparazione storica

In semiotica si comparano testi, discorsi, generi o pratiche culturalmente standardizzate: in ogni caso oggetti semiotici già parzialmente configurati e dotati di confini più o meno circoscritti o circoscrivibili. Per gli storici, viceversa, i termini da comparare sono eventi (porzioni di realtà di per sé inattingibili) sussunti sotto un certo profilo descrittivo che ne evidenzia le eventuali somiglianze e differenze. Rispetto alla comparazione semiotica, questa operazione è metodologicamente più problematica ed epistemologicamente assai più controversa. È vero che gli eventi messi a confronto sono a loro volta testualizzati attraverso  l’interpretazione di un assortimento di tracce documentarie che li trasformano in fatti storici, ovvero in oggetti semiotici: solo così è possibile compararli. Ma la (ri)costruzione semiotica degli eventi è principalmente a carico dello storico il quale, prima ancora  di cominciare a comparare, deve confezionare i termini del confronto (per esempio, “la servitù nella società francese medievale”, “la nascita del capitalismo”, “la rivoluzione russa”, “il nazionalsocialismo tedesco”, “la Shoah”…) , ritagliandoli dal continuum dell’esperienza passata con una cospicua dose di decisionismo.  E tuttavia – altra differenza cruciale – per lo storico la comparazione tra oggetti semiotizzati è in ultima istanza funzionale alla comparazione tra eventi o fenomeni reali. Lo storico non si accontenta di confrontare documenti per individuarne le matrici strutturali comuni (lo schema narrativo della testimonianza, per esempio) . La scommessa euristica insita nel suo lavoro è che le somiglianze testuali rimandino a somiglianze reali tra gli eventi a cui i documenti si riferiscono, sia pure in modo necessariamente fallibile e parziale.  In confronto alla comparazione semiotica quella storica è dunque più arbitraria (in quanto costruisce con ampio margine di libertà gli oggetti che mette a confronto) ma anche ontologicamente più impegnativa (in quanto pretende di dire qualcosa di vero sul mondo). Ecco perché questo genere di confronto è foriero di  innumerevoli controversie, a partire dalle dispute sulla legittimità stessa della comparazione tra eventi storici, per definizione unici e irripetibili, sino alla pretesa di considerare alcuni eventi storici più unici e incomparabili di altri.

Perché si compara? Come si scelgono le unità di confronto? In base a quali criteri si stabiliscono le analogie e le differenze rilevanti? Chi decide se una certa comparazione è pertinente e proficua? Quali conclusioni si è autorizzati a trarre dal confronto, per esempio per quanto riguarda la ricerca di un nesso genetico tra  fenomeni ricondotti  a un ipotetico schema condiviso? Quali sono i principali rischi della comparazione storica, specie se è asservita a scopi ideologici ulteriori?

Valentina Pisanty (vpisanty@tin.it)
Università di Bergamo