Arbeit macht frei

Di: Luna Laboute

La prima cosa che si nota quando arriviamo è il silenzio. Ci sono tante persone, ma un solo silenzio, come se lo spirito di questo luogo volasse nell’aria per chiedere un silenzio rispettoso per le anime sotto terra. I nostri corpi, imbottiti sotto i vestiti, non sentono più il freddo, particolarità di questo paese. Lì, ci si sente veramente piccoli e insignificanti, vediamo il tempo fermarsi, o piuttosto allungarsi, impotenti di fronte al paesaggio sotto i nostri occhi. La voce della guida sembra soffocata da questi grandi edifici di mattoni rossi che sfilano. Credo di udirla dire « Se tutti gli uomini morti qui, si rialzassero, non starebbero in piedi, per mancanza di posto ».

In questo momento, il nostro sentimento di solitudine è immenso e se la mia amica non tenesse la mia mano, penserei di essere sola.

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Un uniforme de prisonnier à Auschwitz

Poi, la guida ci porta all’edificio degli uomini, delle donne, dei bambini, e in tutti gli edifici l’unica cosa che vediamo sono le fotografie sui muri. È veramente difficile guardare su una fotografia gli occhi di un bambino della nostra stessa età, adolescente durante gli anni 40’, tatuato sul braccio. In una frazione di secondo tutto il mondo che conosciamo sembra essere un usurpatore, mi ricordo di avere pensato che non ho fatto niente nella mia vita per meritare di essere in piedi oggi, mentre loro non potrebbero. Questi momenti in cui tutti pensano alla capacità del mondo di impazzire, trovano la loro essenza in un edificio particolare, il più terribile, l’edificio degli oggetti. Senza preavviso ci si ritrova di fronte ad una vetrina di scarpe spaiate, poi ad una vetrina di bagagli vuoti, e infine ad una vetrina con gli oggetti del quotidiano: delle spazzole, dei portafogli, delle pentole… La brutta idea che un giorno, tutti questi oggetti sono appartenuti a delle persone morte qui, si insinua nella nostra testa, e all’improvviso ci se ne rende conto.

Di questo viaggio ho un solo ricordo felice, quello dei fiori.

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Ovunque c’erano dei fiori, sui muri, per terra, tra due edifici con molte candele, offerti alla memoria di questi uomini e di queste donne. Auschwitz rappresenta la memoria di un mondo che non dobbiamo dimenticare. È il nostro passato, il nostro presente e soprattutto il nostro futuro, per non diventare di nuovo questo mondo pazzo e privo di umanità.

Luna Laboute

Buongiorno a tutti !

Mi chiamo Luna e studio l’italiano da cinque anni! La letteratura è sempre stata una passione per me, anche quando ero una bambina.
Mi auguro che questo racconto vi piaccia!