Perché sarà sempre più difficile diventare italiani

Il governo di Giorgia Meloni ha deciso di rivedere i criteri che consentono ai discendenti degli immigrati residenti in particolare in Sud America di acquisire la cittadinanza italiana. Una riforma imposta “alla Trump”, con un decreto legge che entrerà in vigore immediatamente, secondo la stampa.

Fino alla scorsa settimana, chiunque avesse un lontano antenato nato in Italia dopo il 1861, data della proclamazione del Regno d’Italia, poteva richiedere la cittadinanza. Dal 4 aprile non è più così, spiega il quotidiano Corriere della Sera. D’ora in poi, “potrà diventare italiano solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia e cittadino italiano alla nascita”. In altre parole, non sarà più possibile rivendicare una parentela oltre la seconda generazione.

È il “metodo Trump” che Antonio Tajani, ministro degli Esteri, ha appena applicato alla questione della cittadinanza, osserva Il Fatto Quotidiano: ha semplicemente firmato un decreto legge che è entrato immediatamente in vigore.

I destinatari sono i discendenti degli emigranti partiti per cercare fortuna in altri continenti. I loro pronipoti ora vivono in Argentina, Venezuela, Brasile o Australia, e le domande che presentano “intasano i tribunali e i consolati”, ha spiegato il ministro. Anche i municipi, ha aggiunto il corrispondente da Roma del New York Times: a febbraio, Alberto Teso, sindaco di San Donà di Piave, vicino a Venezia, ha dichiarato alla RAI che metà dei suoi dipendenti stavano lavorando a tempo pieno sulle domande di cittadinanza di persone che “vivono per lo più in Brasile e non metteranno mai piede nel nostro paese”.

Perché questi discendenti di emigranti sono così desiderosi di beneficiare del passaporto italiano? “Perché permette loro di viaggiare in un gran numero di Paesi senza dover richiedere un visto”, spiega il New York Times. Ma “la cittadinanza è una cosa seria”, ha insistito Antonio Tajani. « Non si tratta solo di avere il passaporto giusto per andare a fare shopping a Miami.

In dieci anni, il numero di cittadini italiani che vivono fuori dai confini nazionali è aumentato del 40 % : da 4,6 milioni nel 2014 a 6,4 milioni nel 2024. Questo grazie soprattutto ai discendenti degli emigrati che sono diventati cittadini italiani, secondo il Corriere della Sera. In Argentina, l’anno scorso è stata concessa la cittadinanza a circa 30 000 persone, contro le 20 000 del 2023. Lo stesso vale per il Brasile, dove 20 000 persone hanno richiesto la cittadinanza, contro le 14 000 dell’anno precedente.

Il quotidiano milanese cita il caso emblematico del calciatore argentino Lionel Messi. « È italiano per via del trisnonno, che lasciò Recanati per l’Argentina alla fine dell’Ottocento. Messi ha ottenuto la cittadinanza italiana con una procedura espressa, si è registrato come residente a Recanati e ha potuto unirsi al Barcellona come giocatore europeo. “Ma in un’intervista ha ammesso di non sapere nemmeno dove fosse Recanati e di non aver mai sentito parlare dello [scrittore e poeta] Giacomo Leopardi, il cittadino più illustre della città”.

Gli italiani “veri” e gli altri

Secondo il ministro degli Esteri, il decreto appena emanato vuole porre fine ad “anni di abusi” da parte di persone che non hanno legami ‘reali’ con il Paese, e allo sviluppo di un “business lucrativo”, quello di decine di agenzie che fanno pagare ai richiedenti diverse migliaia di dollari per raccogliere i documenti necessari a stabilire la loro filiazione.

“Quella di Tajani non sembra una riforma, ma piuttosto una strategia per distinguere i ‘veri italiani’ dai ‘falsi italiani’”, commenta Il Fatto Quotidiano. Per Fabio Porta, il deputato che rappresenta gli italiani residenti in Sudamerica, si tratta di un tentativo inaccettabile di “criminalizzare gli italiani all’estero”, con una decisione “presa di notte, per decreto, senza coinvolgere il Parlamento e le organizzazioni che conoscono la realtà degli italiani all’estero”.

In Argentina, il quotidiano La Nación mette in evidenza le “contraddizioni” del governo di Georgia Meloni, sottolineando che lo scorso dicembre il presidente Javier Milei, che non ha mai vissuto in Italia ma il cui nonno è emigrato all’inizio del Novecento, ha ottenuto la cittadinanza italiana senza dover compiere la minima azione. « Lo stesso non si può dire per circa 1,2 milioni di bambini nati in Italia che sono ancora in attesa del riconoscimento della cittadinanza. Questi “stranieri”, però, “possono vantare i legami ‘effettivi’ e ‘affettivi’ citati da Antonio Tajani”.

Come sottolinea il New York Times, l’Italia consente ai figli di immigrati regolari di diventare cittadini solo a partire dai 18 anni, a condizione che abbiano vissuto nel Paese fin dalla nascita. Una situazione paradossale in un momento in cui l’Italia sta affrontando una crisi demografica dovuta all’invecchiamento della popolazione e al calo delle nascite.