Dopo Non dirmi che hai paura, vincitore del premio Strega, Giuseppe Catozzella dedica il suo nuovo romanzo Brigantessa a Maria Oliverio, un personaggio sospeso tra finzione e realtà. L’autore racconta l’epopea di una grande eroina italiana il cui destino incarna tutti gli ideali di una nazione. Brigantessa racconta la storia di un popolo, dell’Italia che si stava costruendo dal 1848 agli anni successivi alla proclamazione del 1861.
Brigantessa è un affascinante affresco storico che rievoca i lati oscuri e complessi che hanno avuto un ruolo nell’unità d’Italia. Al centro della storia c’è il ritratto di Maria Oliverio, una donna eccezionale, idealista e ribelle.
Teatro S’Arza : 26 octobre, 18 et 19 novembre
Du carnaval au théâtre: mettre en scène le masque
(projections, conférence et spectacle)
– 26 octobre : salle LA204 (bâtiment des Langues)
– 19 et 19 novembre 2022 : Centre de Ressources des Langues, Tiers Lieu (bâtiment Olympe de Gouges) et La Fabrique.
l Teatro S’Arza nasce nel 1978 e svolge un’attività connessa con la conoscenza dei linguaggi corporei e delle possibilità comunicative della voce. Gestisce uno spazio che porta avanti un lavoro di ricerca teatrale e di laboratorio, organizzando, in oltre 30 anni di attività, rassegne, seminari, festival con artisti internazionali. Dal 1986 sviluppa una ricerca fra teatro contemporaneo e linguaggi popolari tradizionali che lo porta a produrre nel 1990 il libro Alle Radici del Teatro al quale segue Il Carnevale in Barbagia (documentari antropologici sui principali carnevali del centro Sardegna). Produce lo spettacolo La casa dei contadini nel 1991 e nel 1993 promuove l’E.A.S.T. (European Association Student of Theatre) in Sardegna; costituisce poi a Sassari la struttura nazionale T.A.U. (Teatri Associati Universitari). Le ultime produzioni della ricerca teatrale della compagnia sono Tzia Birora, presentato in diversi festival internazionali, e La nave dei folli, una rielaborazione dell’omonimo quadro di Hieronymus Bosch sui problemi dell’immigrazione contemporanea.
Continuer la lecture de « Teatro S’Arza : 26 octobre, 18 et 19 novembre »Rencontre polars le 10 mai : Valerio Varesi
En partenariat avec la Librairie de la Renaissance, le mardi 10 mai à 19h, une rencontre avec Valerio Varesi à l’occasion de la parution de son nouveau roman La main de Dieu chez Agullo éditions. Cette rencontre est suivie d’une séance de dédicaces.
Librairie de la Renaissance – 1 allée Marc Saint-Saëns à Toulouse (Métro ligne A station Basso Cambo)
Admirateur de Giorgio Scerbanenco et du duo Fruttero et Lucentini, il publie en 1998 Ultime notizie di una fuga, le premier roman d’une série consacrée aux enquêtes du commissaire Soneri. Le quatrième titre de la série, Le Fleuve des brumes (Il fiume delle nebbie), paru en 2003, raconte les investigations que mène Soneri sur l’apparent suicide d’un homme. Dans une vallée brumeuse du Nord de l’Italie, non loin de Parme, où la pluie a gonflé les eaux du Pô, le commissaire découvre que les habitants ruminent encore de vieilles rancunes qui remontent aux milices fascistes d’il y a cinquante ans. Les luttes féroces entre chemises noires et partisans ont déchaîné, dans les dernières années de la Seconde guerre mondiale, des haines et des motifs de vengeances que le temps n’a pas apaisé.
Quatre des romans de Valerio Varesi, dont Le Fleuve des brumes, ont été adaptés pour la série télévisée italienne Nebbie e delitti.
ZERO CALCARE : festival del fumetto a Colomiers
Zero Calcare al festival del fumetto di Colomiers, i 19-20 e 21 novembre!
La rencontre au festival de Colomiers
En Italie, Zerocalcare a vu se vendre des milliers d’exemplaires de ses BD, dont Kobane Calling ou La prophétie du tatou (celui-ci vient d’être adaptée au cinéma), et il a gagné une notoriété qu’il a du mal à accepter. D’abord remarqué dans les milieux des fanzines et de la petite édition grâce aux bandes dessinées, aux affiches de concert et aux pochettes de disque qu’il concevait pour des groupes punk, Zerocalcare s’est fait connaître du grand public grâce à son blog.
Le site du festival de BD de Colomiers 2021
Zerocalcare su Netflix (serie di interviste-conversazioni sul sito dell’ENS Lyon La Clé des langues)
Alessandro Robecchi : il «giallo» non è una canzone d’amore
Di recente, Alessandro Robecchi, autore di gialli, ha vinto il premio « Violeta Negra Occitanie 2021 » durante il festival « Polars du Sud » a Tolosa con la traduzione del suo romanzo Questa non è una canzone d’amore (Ceci n’est pas une chanson d’amour).
Intervista sul sito delle Éditions de l’Aube :
Una commedia certo, ma molto cupa, ed è piaciuta molto la sua causticità. È divertente, a volte al limite della farsa. È sgradevole : acida quanto si può desiderare. L’autore ha un senso del ritratto, un senso dell’immagine e della metafora. All’origine giornalista, ha lavorato a lungo in un settimanale satirico. Il suo testo è vivace, il linguaggio frizzante, Robecchi ha un gusto per le parole e le formule, gioca volentieri con ossimori, iperboli, espressioni paradossali, quasi troppo, a volte!
Il pasticcio di maccheroni alla ferrarese
(E questa volta non si è a Roma con l’Albertone e il suo famoso « Maccheroni, m’avete sfidato! ») : il pasticcio di Ferrara è infatti una tipica ricetta della città dell’Emilia-Romagna.
Si prepara riempendo la pasta sfoglia (o frolla) con un pasticcio di sedanini o mezze penne insieme a del ragù di carne bianco, più besciamella. Di solito lo si trova nella versione dolce, ovvero con pasta frolla e a forma di panetto tondo. Molto apprezzato in queste terre che ancora oggi conserva la sua ricetta originale di un tempo.
La parola “pasticcio” deriva dal latino “pasticium”, una preparazione già presente nel De coquinaria di Apicio ed è il nome tradizionale che ancor oggi si dà a preparazioni fatte con ingredienti vari, di solito chiusi in un involucro di pasta e poi cotti al forno.
Nel XII secolo le “torte” fecero la loro comparsa nel menù settimanale degli eremiti di Camaldoli, e vennero battezzate ironicamente “creazioni golose”. Ma è nei secoli XIV e XV, che il pasticcio compare in molte delle sue varietà, a base di carni, selvaggina, pesci, crostacei, frutta.
Per la sua complessità di esecuzione, è sempre stato considerato una vivanda di prestigio, che spesso figurava nei pranzi di alto livello.
Il caffé leccese
Il caffè leccese (detto anche « caffè in ghiaccio ») è una specialità della regione del Salento (capoluogo : Lecce). Si compone di caffè, ghiaccio e latte di mandorla ed è una bevanda ideale per iniziare la giornata o per il pomeriggio. Ideale per l’estate quando fa caldo (che appunto comincia).
Quando non tutti avevano il ghiaccio a casa (cioè il frigo, si parla di anni addietro !), a Lecce si andava in un bar dove si faceva un caffè nel quale si mettevano dei frammenti di ghiaccio che rinfrescavano immediatamente la bevanda senza togliere nulla all’aroma del caffè.
Il vero caffè salentino può essere fatto con cubetti di ghiaccio oppure « soffiato » (ovvero montato con il vapore).
Il latte di mandorla è dolce e sostituisce lo zucchero e procura una bevanda molto apprezzabile e gustosa. Si può utilizzare il caffè della moka o quello espresso a seconda dei gusti.
La preparazione del caffé leccese (moooolto semplice !) :
- 1 tazza di caffè (moka o espresso)
- 3 cubetti di ghiaccio
- 40 ml di latte di mandorle
Preparare il caffè (con la moka o la macchina espresso)
Mettere il latte di mandorla (dev’essere fresco di frigo) nel bicchiere ed aggiungerci i cubetti di ghiaccio.
Versare lentamente il caffè sul latte e ghiaccio
Mescolare con un cucchiaino e servire subito.
Intervista a Mattia Insolia
Mattia Insolia è un critico letterario e cinematografico per il giornale L’Indipendente. Ne Gli affamati, Paolo e Antonio sono abbandonati a loro stessi dopo la morte del padre e l’abbandono della madre. Uno è consumato da una rabbia che non riesce a contenere, l’altro cerca di cavarsela come meglio può. Il ritorno della madre sconvolge il fragile equilibrio delle loro vite. I loro segreti li raggiungono, ricordi sepolti riaffiorano e risvegliano vecchi dolori. Un ritratto realistico e senza compromessi di una piccola città del Sud, dimenticata da tutti.
Mattia Insolia, Gli affamati, Ponte alle grazie, Milano 2021.
È morto Franco Battiato, artista e simbolo italiano
Milo, 18 maggio 2021
L’Italia e tutto il mondo della musica sono stati toccati e rattristati dalla notizia che il cantante, cantautore e compositore Battiato è morto martedì 18 maggio. Noto per il suo genio e la sua sconfinata creatività, si è spento nella sua casa di Milo, nel cuore della sua Sicilia. Uomo carismatico e poeta, le sue composizioni mescolavano riferimenti filosofici con melodie rock e pop, uno stile unico che continua a ispirare la musica italiana.
Un maestro innegabile
Battiato ha lasciato il segno su diverse generazioni, grazie al suo stile eccentrico e alla sua varietà musicale. Genio assoluto in tutti i generi musicali, ha saputo esprimersi ed evolvere il suo stile: dal pop al rock progressivo, ha anche introdotto nei suoi pezzi elementi di musica elettronica così come influenze operistiche e orientali. Appassionato e curioso, si è interessato alle melodie sperimentali fin dall’inizio della sua carriera, dandogli un’identità decadente e ampia di avanguardia. Autore di « Centro di gravità permanente » negli anni 80 o molto più tardi di « La cura », è difficile classificarlo e dargli una categoria musicale piuttosto che un’altra. Oltre alla musica, Battiato si è dedicato anche alla pittura e ha avuto una carriera cinematografica come regista.
Il genio musicale
Durante la sua lunga carriera musicale, il suo percorso non ha mai smesso di evolversi, anzi, gli anni sessanta sono stati segnati da un periodo di protesta, un momento della sua vita che ha espresso attraverso una musica sperimentale e testi forti. Inoltre, ha già introdotto i suoni della musica elettronica, un’innovazione sorprendente per l’epoca. La sua carriera inizia quando lascia la Sicilia per Milano dove lavora nei cabaret con Bruno Lauzi, Paolo Poli, Renato Pozzetto ed Enzo Jannacci. Gli anni ’80 segnano una vera e propria svolta nella sua espressione con, tra gli altri, l’album di culto « La voce del padrone », che raccoglie diversi suoi capolavori. Negli anni ’90 si è particolarmente interessato ai suoni stranieri e alle influenze orientali. Infine, gli anni 2000 sono segnati dal ritorno alla musica pop e da un ritorno alla sperimentazione.
Uno dei suoi pezzi celebri: «Centro di gravità permanente»
Art. originale: Roxane Garoscio
Tu vuo’ fa’ la carbonara
Il 6 aprile è la giornata in cui si celebra il « Carbonara Day » (« giorno della carbonara », casommai): si dice che l’anno scorso circa 500 milioni di persone abbiano partecipato sulle reti sociali con le loro ricette.
La carbonara è uno dei piatti più amati della cucina romana: nasce nell’immediato secondo dopoguerra, ed è subito piaciuto nella città e nel territorio dove nacque. Si trova il metodo per prepararlo nei ricettari un poco prima del 1952, e all’inizio è una ricetta molto diversa da quella oggi in vigore (ma anche oggi non tutti sono d’accordo sul fare).
Quale tipo di pasta è più adatto per la carbonara? Il grande classico sono gli spaghetti, sui quali le uova scivolano bene e il pecorino si aggruma. Però anche i rigatoni possono essere usati.
La ricetta più tradizionale, oggi
Per 4 persone. Gli ingredienti: 150 grammi di ganascia di maiale (da rosolare nell’olio), 400 grammi di spaghetti, quattro uova sbattute con parmigiano, sale, un po’ di pepe. Si versa in una padella dove c’è a sciogliere del burro. Scolare gli spaghetti, poi amalgamare con qualche cucchiaiata di panna liquida, cremosa.